domenica 12 febbraio 2012

Un pianeta da difendere - Partita persa sul cambiamento climatico?

Leggiamo un pò cosa dice Mario Tozzi, tratto da una rubrica del mensile dei soci Coop...

Un pianeta da difendere di Mario Tozzi
primo ricercatore Cnr - Igag
e conduttore televisivo

Partita persa sul cambiamento climatico?

In Sardegna un colosso indiano delle energie rinnovabili (MBCEL) e la statunitense General Electric (in Italia per la prima volta) inauguravano il campo fotovoltaico serricolo più grande del mondo, proprio mentre a Durban si rischiava il fallimento completo della conferenza sul clima. Perché i segnali provenienti della lotta al cambiamento climatico sono oggi così contraddittori? Partiamo dai segnali positivi: un impianto da 20 MW che produce energia rinnovabile e pulita (come quello di Villasor, vicino Cagliari) porta occupazione e ha, come risultato economico principale, quello di incrementare la produzione agricola di pregio senza consumare territorio, un valore insieme pratico e simbolico. Pratico perché riduce le emissioni inquinanti (25.000 tonnellate di CO2 in meno) e simbolico perché dimostra che si possono attrarre investitori anche in zone di economia ritenuta marginale.
Il fotovoltaico su serra poi evita quello che è uno dei principali problemi delle energie rinnovabili in Italia: l’impianto di celle fotovoltaiche su terreni vergini o produttivi, magari perché risulta conveniente al proprietario, e non necessariamente alla collettività. Dunque si potrebbe fare parecchio per contrastare lo sconvolgimento climatico, e tutto grazie soprattutto al tanto vituperato protocollo di Kyoto. A Durban il protocollo è stato, in pratica, procrastinato al 2020 perché, in realtà, non è stato mai messo in pratica fino in fondo. Kyoto non era un granché: solo il 6% di riduzione delle emissioni inquinanti, quando gli studiosi sostenevano già allora che sarebbe stato necessario un taglio di almeno il 60% per ottenere qualche risultato.
Ma comunque era il primo atto di regolamentazione internazionale al posto della deregulation selvaggia precedente; e incentivava fortemente lo sviluppo delle energie rinnovabili. In definitiva, però, quel protocollo è stato sostanzialmente disatteso e addirittura non sottoscritto da tutti i paesi. A Durban si individua una nuova data-limite e si istituisce un fondo significativo a favore dei paesi più poveri perché comunque prendano la strada delle energie rinnovabili e non si lascino incantare dalla possibilità di ricavare profitti dalla vendita di territorio e ambiente.
Però la situazione climatica del pianeta resta gravissima: sono in aumento i fenomeni meteorologici a carattere violento a tutte le latitudini (e ne abbiamo cominciato a soffrire anche nel Mediterraneo) e l’anno appena passato è stato comunque fra i primi dieci più caldi dell’ultimo secolo. In tutto questo c’è ancora qualche buontempone che nega le responsabilità dell’uomo e vorrebbe impedire di investire nelle energie rinnovabili per dirottare quei denari solo sul restauro dei luoghi devastati dalle catastrofi climatiche: un po’ come agire sugli effetti invece che sulle cause. Ma non si tratta di voci disinteressate.



Mario Tozzi

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